SELENYA: L’OMBRA DI SVADHISTHANA Capitolo 12 - SAHASRARA

SAHASRARA

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the six shadows of the moon
(dettaglio)


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watercolor on paper
armandosodano



Dopo essersi divisi dai compagni, i gemelli avevano proseguito il viaggio in silenzio. Rimasti sulla strada maestra, erano entrati nella capitale dalla porta svadhisthana senza particolari problemi e scambiando giusto qualche ordinaria piacevolezza con i connazionali di guardia. I gendarmi prestarono loro scarsa attenzione, distratti dal discutere l’imminente interruzione del proprio servizio per ordine del Palazzo. Il giorno successivo i presidi nazionali sarebbero stati sostituiti da guardie imperiali.
I gemelli apprezzarono la distrazione, avendo già concordato tra loro di assumere un atteggiamento distaccato, che non attirasse l’attenzione ma nemmeno desse l’impressione che sospettassero di essere seguiti o osservati. Erano semplicemente due fratelli in viaggio che, non essendo riusciti a tornare a Kasiha per riprendere gli studi, avevano allungato il tragitto per ricongiungersi al padre, prima di tornare a casa.
Sia Kiran che Arvinda avevano già visitato più volte la Capitale con i propri genitori, ma la cacofonia di colori, lingue, stili e culture che animava Sahasrara non mancava mai di sorprenderli. Proseguirono quindi senza fretta verso la residenza diplomatica di Svadhisthana, dove speravano di scoprire finalmente la ragione del prolungato silenzio del padre, godendo nel frattempo di quel variopinto campionario del mondo che era la Capitale. Guardarsi attorno con aria indolente ma curiosa era comunque un’ottima copertura per mantenersi consci di ciò che li circondava. Di tanto in tanto, Arvinda cercava anche con la mano il confortevole tepore del seme di kundala, ancora al sicuro tra i suoi seni, sentendo per quel tramite l’amato Ravi un po’ più vicino.
Quando la sommità del Palazzo Imperiale iniziò a stagliarsi più imponente nel cielo, indicando che anche la residenza svadhisthana era vicina, Arvinda rallentò l’andatura per affiancarsi al fratello, che era rimasto indietro.

“Allora… Non pensi sia ora?” Chiese con fare colloquiale, di modo che chiunque fosse eventualmente abbastanza vicino da osservare lo scambio non vi potesse trovare nulla di inusuale.
“Ora per cosa?” Replicò Kiran, confuso.
“Ora di dirmi cos’hai realmente sentito da quei due uomini sulla strada. Se fossero veramente stati interessati solo a noi due, non avrebbe avuto senso restare assieme e credo tu sia abbastanza sveglio da saperlo.”

Kiran sorrise all’acume, non inaspettato, della sorella. Quando aveva riferito al gruppo solo parte di ciò che aveva fortuitamente colto da due viandanti lungo la strada, mentre nascosto da alcuni arbusti adempiva a pressanti esigenze naturali, era rimasto quasi sorpreso del fatto che nessuno dei compagni obiettasse alla sua proposta su come dividersi. Riflettendoci, però, era giunto alla conclusione che ciascuno potesse avere un buon motivo per non contrastarlo e non si era posto altre domande.
Calava la sera, quando Kiran era tornato dagli altri con la brutta notizia che qualcuno li stesse apparentemente cercando. Dopo aver viaggiato per gran parte della notte precedente e tutto il giorno, erano ansiosi di fermarsi a riposare qualche ora, prima di concludere il viaggio verso la Capitale. Le parole di Kiran li avevano, però, giustamente scossi e, appurato che i viandanti tanto interessati ai gemelli avevano avuto la loro stessa idea di accamparsi per la notte, avevano deciso loro malgrado di rimettersi in viaggio. Vaila e gli amici kasihani avevano subito preso un’altra direzione, con l’intento espresso di proteggere il giovane mago e la profezia. Kiran e Arvinda avevano, invece, proseguito a passo spedito lungo la strada imperiale di Svadhisthana, contando di riuscire a raggiungere la Capitale e la relativa sicurezza della propria ambasciata prima ancora che i due viandanti si rimettessero in marcia.
Svariate ore più tardi, erano quasi giunti a destinazione senza intoppi e Arvinda aveva ragione: meglio metterla al corrente subito della reale situazione in cui erano incappati, piuttosto che rischiare di parlarne in casa, circondati da servitori e potenziali orecchie indiscrete. La strada, ora quasi deserta ma che risuonava pur sempre del tran tran cittadino, era paradossalmente un luogo più sicuro.

“Hai ragione, sorella. Perdonami per non avertene parlato prima. I viandanti che ho sentito cercavano noi, è vero, ma da quanto ho capito solo come ultima risorsa. Il loro vero obiettivo era Vaila.”
“Vaila?! E perché mai?”
“Non ne ho idea, ma da quello che ho capito quei due ci avevano seguiti, con almeno un altro, sin da Adhisthana. Arrivati al confine ci avevano individuati al tempio e, appurato che avremmo preso parte alla devozione serale avevano onorato Dio a modo loro senza pensarci troppo. La mattina dopo Vaila era sparito. Incerti su cosa fare, si erano decisi a rimanerci alle costole, ma pochi giorni dopo anche noi siamo inconsapevolmente spariti all’improvviso. Hanno fatto qualche domanda e si sono divisi: uno tornava verso casa, sperando di intercettare te, gli altri avrebbero seguito me nella Capitale.”
“Che stranezza. Perché mai Vaila dovrebbe essere seguito? Che in qualche modo la notizia della profezia sia trapelata?”
“Proprio non saprei. Più che altro, non saprei assolutamente dire chi, tra coloro che ne erano informati, avrebbe potuto rivelare questa informazione.”
“Già, nemmeno io. I Diarchi hanno fatto in modo di mantenere la massima segretezza sulla questione: ne abbiamo parlato solo tra fidatissimi del Duplice Trono. Dal punto di vista degli altri, i più sospettabili dovremmo essere al massimo noi.”
Kiran tacque qualche momento, pensieroso. “O Vaila.”
“Tu credi?” Chiese Arvinda incredula.
“Pensaci. Chi altro? Nostra madre? I Raja? Io so per certo di non averne parlato con nessuno e tu non credo abbia proprio parlato con anima viva al di fuori del Consiglio, nelle ultime settimane.”
“Non so, Kiran. Vaila è stato… difficile… in questo periodo, almeno per me. Ma non penso potrei crederlo un traditore del Regno.”
“Nemmeno io, credimi. Ma resta il fatto che quei due cercavano Vaila e lo cercavano di nascosto. Un motivo l’avranno pure avuto e non credo fossero buone notizie.”
“Già. Un bel mistero. Ti ringrazio di avermene parlato, ma credo sia stato saggio tenerlo per te, sul momento. Con Fida, Vaila dovrebbe essere passato inosservato e, comunque, non avranno problemi a difendersi.”

Parlando, i ragazzi avevano infine coperto la distanza che li separava dall’ingresso della residenza diplomatica svadhisthana e abbandonarono, per il momento, questa nuova preoccupazione. Raggiunta la corte interna dell’elegante palazzetto, lasciarono i cavalli a due stallieri e furono accolti all’ingresso dal Gran Maestro di Palazzo, responsabile del personale e dell’ospitalità di questo angolo di Adhisthana così lontano dal kundala.
“Ben ritrovato, Gran Maestro Naukar. Siamo Kiran e Arvinda di Adhistana, figli di Avati e Navin.”
“Siate i benvenuti. Posso offrirvi una bevanda dissetante?”
I giovani accettarono di buon grado l’offerta, elegantemente presentata da un cameriere che affiancava il Gran Maestro, mentre quest’ultimo si informava del loro viaggio e di quanto intendessero rimanere nella capitale.
“Non credo ci fermeremo a lungo, Gran Maestro. E non abbiamo molto bagaglio. Siamo qui per nostro padre, in effetti. Dove possiamo trovarlo?”
Il loro ospite si rabbuiò.
“Temo di non potervi aiutare, giovani signori. L’Eccellente Navin non è ospite della Residenza da settimane. Immaginavamo fosse rientrato ad Adhisthana.”
Immaginavate? Non si è congedato prima di partire?”
“Purtroppo no. Abbiamo realizzato che era partito solo dopo alcuni giorni che i suoi appartamenti non venivano utilizzati. E, in effetti, non ha più fatto ritorno.”
“Quando l’avete visto l’ultima volta?”
“Forse il terzo o quarto giorno di luna viola. Disse di essere diretto al Palazzo Imperiale.”
“E altri l’hanno visto successivamente?”
“Non che io sappia.”
Kiran stava per incalzare ancora il Gran Maestro con altre domande, ma Arvinda lo fermò posandogli una mano sul braccio.
“La ringraziamo per queste informazioni, Gran Maestro. Ci sarà stato sicuramente qualche intoppo nelle comunicazioni: nostro padre sarà probabilmente già ad Adhisthana o rientrato a Kasiha. Possiamo rimanere nei suoi appartamenti per la notte? Ripartiremo domattina.”
“Assolutamente, seguitemi.”
Kiran e Arvinda poggiarono i bicchieri sul vassoio profferto dal cameriere e si accinsero a seguire il Gran Maestro verso le stanze che la loro famiglia occupava da anni presso la Residenza Svadhisthana. Mentre il Gran Maestro li precedeva, chiacchierando del più e del meno, i due fratelli si scambiarono un’ultima un’occhiata densa di preoccupazione e non senza traccia di paura. Navin non sarebbe mai partito senza scrivere a casa o informare Avati dei suoi spostamenti. Non avrebbe mai permesso che passasse così tanto tempo tra una missiva e l’altra, ovunque si trovasse. La situazione andava di male in peggio.

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whirlwind of time
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titti

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Era calata la notte sulla Capitale di Selenya e Fida e Cirri finalmente dormivano dopo il lungo viaggio dei due giorni precedenti. Vaila vegliava, nonostante la stanchezza accumulata. Quando i rumori della locanda kasihana si furono acquietati, uscì senza alcun rumore dalla stanza e andò in cerca della giovane e affascinante cameriera che li aveva serviti a pranzo. La trovò nel retro della locanda, che finiva di rassettare.
“Oh! Mi avete fatto prendere un colpo,” esclamò lei nel trovarselo dinnanzi.
“Perdonatemi, non era mia intenzione,” ripose lui con tono suadente.
“Non riuscite a dormire? Volete un ultimo calice di vino?”
“In effetti non dormo, ma niente vino grazie.”
“Beh, io sono in piedi da stamattina e ora me ne andrei volentieri a dormire. State pure sveglio, se volete, ma non mettetemi a soqquadro la locanda.”
“Non c’è pericolo tranquilla. Buona notte, dunque… A meno che non vogliate piuttosto tenermi compagnia per un po’.”
La ragazza lo squadrò dubbiosa, ma vagamente incuriosita. Poi ricordò qualcosa che l’altro uomo aveva detto nel corso del pranzo e rivolse a Vaila un ghigno sardonico.
“Ah, giusto! Siete svadhisthano, ora capisco il vostro intento…”
Vaila rise.
“Sono svadhisthano, è vero. E un sacerdote, per di più: non credo ci pentireste di portarmi in camera con voi. In realtà, però, ero più curioso di parlarvi.”
“Questa poi! Cosa potrei mai avere di interessante da raccontare a un sacerdote svadhisthano a quest’ora della notte?” Chiese la ragazza, suo malgrado interessata a ciò che l’ospite avrebbe potuto offrire e squadrandolo con maggior interesse. Vaila notò la scintilla nel suo sguardo e pensò che il suo interrogatorio potesse anche attendere un’ora o due.
“Mi avrebbe fatto piacere sapere di più su questo nuovo culto della Luna Viola di cui parlavate al nostro arrivo… ma se preferite, potrei raccontarvi io una cosina o due su come sfruttare al meglio il vecchio nerbo di bue del nonno…”
“Raccontarmi, dite?”
“In effetti, farei prima a mostrarvelo…”


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Selenya: Le sei Ombre della Luna


Le Sei ombre della Luna
@armandosodano

Un romanzo fantasy a puntate scritto da @mirkon86, @coccodema, @gianluccio, @acquarius30, @kork75 e @imcesca.
Per recuperare i capitoli precedenti e rimanere aggiornato sulle nuove pubblicazioni, segui il profilo ufficiale di @selenya

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Cap. 1: Prologo pt. I
Cap. 2: Prologo pt II
Cap. 3: Risveglio
Cap. 4: Adulta
Cap. 5: Kama
Cap. 6: Amplesso
Cap. 7: Vaila
Cap. 8: Seme
Cap. 9: Viaggio
Cap. 10: Magia
Cap. 11: Kokal

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