SELENYA: L’OMBRA DI SVADHISTHANA Capitolo 1

PROLOGO
pt. I


Diciassette anni prima

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Pixabay


La mattinata era fresca e luminosa e tutto lasciava presagire l’inizio di una splendida giornata primaverile. Quell’anno l’inverno era stato particolarmente rigido e fino a pochi giorni prima forti piogge avevano colpito il regno di Svadhisthana, dalle coste brulle e frastagliate sino alla ricca pianura che conduceva alla Città Imperiale, dal confine montuoso con il regno di Alfhild alla rotte commerciali con Kasiha. Adhisthana, la brulicante metropoli, centro nevralgico di ogni interesse politico ed economico del regno, era stata pertanto costretta ad accogliere le prime settimane di luna arancio dietro le mura degli eleganti palazzi del centro, all’interno delle più modeste abitazioni dei quartieri residenziali e sotto i porticati dei templi e dei palazzi governativi, piuttosto che all’aperto, come avrebbe preferito.
Non che questo avesse posto particolari freni agli entusiasmi del popolo svadhi, che non si sarebbe certo lasciato turbare da qualche goccia d’acqua nel celebrare il proprio credo e la propria divinità nei suoi giorni di massimo splendore. Certo però, che per quanto gli ospiti delle varie soirée si premurassero di lasciare le proprie porte aperte a chiunque volesse partecipare, l’intimità di una casa o di un palazzo non poteva certo sostituirsi alle possibilità offerte da un cortile aperto sul cielo stellato o, meglio, dai grandi parchi cittadini. Le piogge, d’altra parte, erano fondamentali per preparare la campagna alla coltivazioni estive, che costituivano pur sempre uno dei pilastri dell’economia svadhistana, perciò gli svadhi non se ne erano più di tanto dispiaciuti.
Fortunatamente, dopo aver tanto beneficato la campagna, Kundalini Kama, deva e asura, divinità celestiale e demone irrefrenabile, passione e razionalità, amore e odio, maschile e femminile, ordine e caos, aveva rivolto il luminoso sguardo al suo popolo, squarciando le nubi con qualche giorno di timido sole che aveva asciugato la terra. Finalmente, oggi, il risveglio di Adhisthana veniva accolto da un cielo limpido e una piacevolissima brezza che mitigava il calore della giornata, che si preannunciava intenso. Proprio oggi, trentesimo giorno di luna arancio, giorno che precedeva la più sacra delle notti svadhisthane in cui ogni vizio non solo era concesso ma entusiasticamente incoraggiato, lo Zenit di Luna.

Mentre la capitale si svegliava in questa perfetta giornata primaverile, con gran calma non avendo lesinato di festeggiare nemmeno la vigilia dello Zenit fino a tarda ora, un sontuoso gatto arancione, placido e sornione, ammirava compiaciuto gli sguardi colmi di gratitudine rivolti al cielo limpido di chi si affacciava per la prima volta alla finestra o usciva in strada per una passeggiata mattutina. La giornata si sarebbe svolta quasi per tutti in ozio e indolenza, in attesa delle celebrazioni notturne. Solo le migliori e più frequentate cucine e cantine del regno erano un turbinio di attività sin dal mattino, intenzionate ad offrire ai propri concittadini le più sublimi leccornie e un’adeguata dose di corroborante alcolico nel corso dell’intera serata.
Il bel gattone arancione aveva già approfittato della benevolenza degli svadhi per la sua specie, insinuandosi in più di una cucina per assaggiare un gran numero di ingredienti e ricette, elargendo miagolii di soddisfazione o smorfie di perplessità ai cuochi e agli inservienti che gli mettevano davanti i diversi assaggi. Qualche cuoco aveva persino rimesso mano ai piatti rifiutati dal raffinato palato del felino. Sfortunatamente, i magazzinieri al lavoro nelle cantine non si erano dimostrati altrettanto disponibili a condividere i frutti del loro lavoro con l’animale, ma lui non se l’era presa: essere un gatto aveva qualche limitatissimo svantaggio.
Con la pancia piena e baciato dal sole, il magnifico gattone scelse quindi con cura un solido muretto dal quale compiacersi del lento crescendo di trepidazione che si diffondeva tra le strade di Adhisthana con il passare delle ore. Qualcuno usciva solo per una passeggiata, soli, in coppia o in gruppo, qualche genitore portava i figli a godersi il bel tempo nei parchi o in altri luoghi di divertimento, contando di stancarli a sufficienza affinché la sera si addormentassero presto e consentissero agli adulti di uscire in tempo per non perdersi l’inizio dei festeggiamenti. Altri, soprattutto i più giovani tra coloro ammessi alle celebrazioni, correvano su e giù per le strade acciottolate rifugiandosi gli uni a casa degli altri con lunghezze di tessuto, nastri e fiori da ghirlanda, confrontandosi con gli amici sugli ultimi ritocchi per la sera. Poi, così come erano comparsi nel corso della mattinata e del primo pomeriggio, pian piano gli svadhi iniziarono a scomparire nuovamente dietro le loro pareti bianche e porte colorate, dietro imposte e tende sgargianti, ritirandosi nel proprio boudoir, nelle camere da letto e nelle sale comuni per agghindarsi in vista della grande festa.


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Archivio personale


Con l’imbrunire, le strade che da qualche ora erano rimaste vuote e silenziose, in evidente attesa, iniziarono nuovamente a riempirsi. Quella che era la docile indolenza delle passeggiate mattutine si era trasformata in crescente frenesia, il solerte affetto genitoriale, ora libero della presenza dei figli, era divenuto coinvolgente malizia e il fervore della preparazione mutava ora in compiaciuta soddisfazione condita di eccitante curiosità. Per molti, questa notte sarebbe stata una notte di follie, amore, erotismo, venerazione e magia, come già negli anni precedenti. Per altri, invece, questo era il primo Zenit, il primo festeggiamento, il loro vero e proprio ingresso nel mondo degli adulti e l'iniziazione al culto del Purushartha Kama, la ricerca del piacere. E se molti di loro, raggiunta la maturità sessuale, non avevano aspettato il primo Zenit per sperimentare i piaceri della carne, per altri stanotte sarebbe stata anche la prima esperienza sessuale, il fulcro del culto e dell’intera cultura svadhisthana.
La verginità, a Svadhisthana, era un bene di nessun valore. Prima della maturità sessuale, i giovani erano incoraggiati ad attendere per indulgere in amoroso congresso e la maggior parte, se non tutti, attendevano di buon grado sapendo che solo successivamente tali piaceri sarebbero stati veramente completi e coinvolgenti, oltre che graditi a Kundalini Kama. Ma una volta ricevuto il risveglio e la chiamata della divinità al culto, la scoperta e la sperimentazione erano tutt’altro che scoraggiate. Certo, c’era potere nel primo rapporto, ma raramente i giovani avevano sufficiente preparazione e conoscenze mistiche per sfruttarlo al meglio. Appositamente, molti per la loro prima esperienza si rivolgevano ai fiori di loto, coloro che avevano dedicato la loro vita al culto e allo studio dei misteri di Kundalini Kama, riuscendo per loro tramite ad incanalare il potere della scoperta in risultati spesso stupefacenti. Altri non se ne curavano e coglievano la prima opportunità disponibile, che a Svadhisthana non era certo difficile trovare.
Coloro che aspettavano il loro primo Zenit, in compenso, avevano la possibilità di essere selezionati per la più sacra delle cerimonie svadhistane: il primo amplesso sotto la luna arancio, nella notte del suo massimo fulgore, il rapporto che avrebbe dato inizio ufficiale alle celebrazioni della notte, nella consapevolezza che Kundalini Kama, il primo e più grande amatore del regno, avrebbe sicuramente benedetto quell’unione carnale e tutte quelle che l’avrebbero seguita per il resto della nottata. Solo al primo Zenit di una nuova coppia di Diarchi la tradizione riservava a loro l’onore del primo amplesso, che fossero o meno vergini o che si fossero o meno già uniti tra loro, ma quell’anno i Diarchi erano al potere già da tempo ed avevano anche già dato alla luce un Erede qualche anno prima. Perciò questa notte il primo amplesso sarebbe spettato a due giovani di Adhisthana, scelti dai fiori di loto della capitale e benedetti dai Diarchi nella prima notte di luna arancio.

Il grosso gatto arancione, risvegliatosi dal suo torpore mentre la capitale riprendeva vita, si concesse qualche lussurioso allungamento e un po’ di toeletta, poi saltò dal suo muretto e si unì al popolo che ormai animava festoso e trepidante le strade della città. Per un po’ seguì con apparente casualità i vari gruppetti che si discostavano dalla via principale, spiando dove andavano a rifugiarsi e dove trovare le varie feste in giardini privati, che forse avrebbe visitato più in là nel corso della notte. Al calar del sole, però, quando la tensione tra gli svadhi divenne palpabile, elettrica ed elettrizzante, si ricongiunse al flusso di traffico principale, zigzagando tra le gambe di donne e uomini agghindati a festa. Erano tutti diretti verso il cuore pulsante della città, il giardino pubblico più grande di Adhisthana, al centro del quale sorgevano due altissime spire avvolte l’una sull’altra senza mai toccarsi, grosse alla base e via via più affusolate, di materiale vitreo color arancio: kundala, il totem dedicato a Kundalini Kama.

Continua…


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Selenya: Le sei ombre della Luna

L’arte di Selenya

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Olio su acrilico
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La Luna Rossa di Tlicalhua by @gianluccio
Cap. 1: Il Colpo
Cap. 2: La prigionia
Cap. 3: L'accordo
Cap. 4: Sussurri nel vento
Cap. 5: Il silenzio

La Luna Blu di Kasiha by @kork75
Cap. 1: Un anno prima…
Cap. 2: L'osteria il corallo blu
Cap. 3: Il confine
Cap. 4: Il maestro
Cap. 5: L’ultimo giorno di luna…

La Luna Arancio di Svadhisthana by @imcesca
Cap. 1: Prologo pt. I
Cap. 2: Prologo pt II
Cap. 3: Risveglio
Cap. 4: Adulta
Cap. 5: Kama

La Luna Bianca di Alfhild by @acquarius30
Cap. 1: Concentrazione e addestramento
Cap. 2: Gelido come il cuore del Marchese
Cap. 3: Apparizioni
Cap. 4: L'ira di Freyja
Cap. 5: Caos

La Luna Dorata di Porpuraria by @coccodema
Cap. 1: L'inizio di una nuova vita
Cap. 2: la trasformazione
Cap. 3: il viaggio
Cap. 4: La scoperta
Cap. 5: I prescelti

La Luna Grigia di Rak-Thul by @mirkon86
Cap. 1: Leggenda e curiosità
Cap. 2: Il verso dei tamburi
Cap. 3: La fuga
Cap. 4: Domande e (sempre meno) risposte
Cap. 5: Artefatti e premonizioni

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