Selenya: l'Ombra di Alfhild - Capitolo 10 - Nuovi amici

Aveva passato la notte bevendo almeno due fiaschi di vino e passeggiato avanti e indietro come un pazzo per tenersi sveglio e sorvegliare la ragazza. Non la credeva così stupida: come aveva potuto dormire così, come una sprovveduta, appoggiata ad un muro freddo? In balia dei venti, senza una minima protezione? D’altronde, l’aveva cresciuta quello stupido vecchio di Kuhgla, cosa si poteva pretendere? Per quanto Freyja avrebbe potuto nascondere al mondo i suoi occhi? Osservandone i lineamenti ed il suo sguardo, chiunque avrebbe impiegato pochi minuti per capire chi fosse realmente, o perlomeno, chiunque avesse conosciuto la storia del Regno di Alfhild lo avrebbe capito. Quella specie di velo che continuava a portare sul capo, per cercare di coprirsi gli occhi, avrebbe funzionato? L’uomo non ne era proprio convinto: sapeva che chiunque l’avesse guardata sarebbe rimasto ipnotizzato e meravigliato da quel color ghiaccio penetrante. In qualche modo doveva avvicinarla, ma il tutto doveva sembrare puramente casuale.

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Un odore nauseante risvegliò in malo modo Freyja, facendole venire i conati di vomito. Ci mise qualche minuto per realizzare dove si trovava, ma il rumore di sottofondo, era inconfondibile: il mercato della Città Imperiale. Non aveva mai sentito tante persone parlare, urlare e vociferare tutte assieme. Aveva un gran mal di testa, sia perché aveva dormito tutta la notte appoggiata ad un muro, sia perché era affamata e ancora stanca per il lungo viaggio.
All’improvviso, una voce a lei sconosciuta, interruppe i suoi pensieri, riportandola alla realtà.

“Voi! Siete la rovina della Città!” le urlò contro.

“Iii-o? Cosa vi ho fatto di male?”

“Voi, gentaccia che dormite come mendicanti in giro per le nostra strade! State rovinando la Città Imperiale! Vergogna!” continuò l’uomo, lanciandole contro delle mele. La ragazza cercava di ripararsi il viso con le braccia e le mani, ma lo sconosciuto non sembrava volesse cedere tanto facilmente.

“Ascoltatemi, è vero, vengo da Alfhild, ma non per questo sono una cattiva persona. Ho fatto un lungo viaggio ieri e, appena arrivata, non avevo le forze di cercare ospitalità. Mi sono appoggiata per riprendere fiato e mi sono addormentata. Mi dispiace, non capiterà più!”

“Se per ogni frase del genere mi avessero dato un sacco di frumento, ora farei il panettiere gratis e non il ristoratore!! Andatevene!”

Freyja controllò velocemente di avere tutto con sé e, vista l’occasione, raccolse quattro mele e le mise dentro la sua sacca, andandosene via. Se questo era stato il suo benvenuto, di certo non le piaceva affatto la Città Imperiale. Nella sfortuna, però, oltre ad aver rimediato qualche bernoccolo in testa, aveva racimolato un po' di cibo; le sarebbe stato utile, visto che probabilmente sarebbe stata impegnata tutta la giornata. Per prima cosa, si diresse verso il mercato; non aveva mai visto nulla di simile: il centro brulicava di persone ed ognuna si distingueva per qualche piccola particolarità, il che faceva ben capire quanto i popoli dei diversi Regni frequentassero la Città Imperiale. Il sole splendeva alto in cielo e risaltava ancora di più i colori delle piccole e rimediate bancarelle. Vi erano cassette in legno straripanti di frutta e verdura, spezie, vestiti; artigiani intenti a lavorare il ferro e il legno; venditori di bestiame e persino di cani, proprio quelli che avrebbe voluto comprare a Kuhgla. In un angolo della piazza, si esibivano menestrelli e cartomanti.
Qualcosa, però, attirò presto la sua attenzione. Una vecchia signora, venditrice di cani, continuava a frustare uno di questi, insultandolo. La ragazza si avvicinò alla signora e la fissò per qualche minuto.

“Cos’hai da guardare? Non ti hanno insegnati a farti gli affari tuoi?” chiese sprezzante la vecchia.

“Stavo osservando questa patetica scena. Non vi vergognate a prendervela con un essere indifeso?”

“Indifeso? Questo cane morde! Per questo nessuno lo vuole! Ho provato pure a svenderlo ma niente da fare!”

“Quanto chiedete?”

“Lo vuoi?”

“Sì, ho detto quanto chiedete.”

“Prenditelo, ma se poi ti morde non tornare da me. Ti avevo avvisata che era difettoso.”

Freyja si avvicinò al cane, che, a prima vista, non era nemmeno vecchio; avrà avuto circa tre anni e sembrava denutrito. Dal manto le sembrava un cane conduttore da slitta, ma era evidente che nessuno gli avesse mai insegnato la disciplina. La vecchia signora attaccò una corda logora al collare del cane e glielo porse.

“Vieni piccolo, andiamocene da qui.” disse guardandolo negli occhi.

Dopo aver passato la mattinata al mercato cittadino, i due si diressero in un luogo appartato e si sedettero a terra.
“Dobbiamo decidere un nome, sai?”

“Uooof!”

“Ecco, vedi? Andiamo già d’accordo.” Il cagnolino le si avvicinò, strofinandole il muso in faccia. “Beh, direi di chiamarti… Tobia!”

“Grrr...”

“Ok, allora…Roth!”

“Uoof Uoof!!”

“Perfetto! Dovrai imparare a stare al mondo, come me. Dobbiamo adattarci. Presto conoscerai un vecchio con il barbone… inizialmente ti odierà ma, credimi, poi non riuscirà a fare a meno di te!” disse sorridendo.

Freyja tirò fuori dalla sacca due mele, una per sé ed una per il suo nuovo amico. Una volta riempito lo stomaco, si diressero verso il cuore della Città Imperiale, in cerca di qualche membro importante di corte con cui poter parlare.
Più si avvicinavano al castello, più si poteva notare la diversità delle abitazioni: molto più curate ed eleganti, alcune quasi sfarzose.

Almeno si è presa un cane. Finalmente ha capito che girare per queste strade da sola è un’ottima idea! Non riesco a capire, però, perché si sta recando verso il castello. Cosa dovrà mai fare? Avrà trovato qualcosa? Che centri quell’oggetto che non sono riuscito ad identificare ieri in riva al fiume? Quel cane potrebbe fiutarmi… dovrò stare più attento…

“Scusatemi, dovrei recarmi a castello. Ho una questione importante da discutere con l’Imperatore o qualche suo rappresentate. Potreste indicar...”

“Ahh ragazza, vi auguro buona fortuna allora!”

“Come?”

“Forse non lo sapete ma ultimamente è pressoché impossibile riuscire a parlare con la famiglia dell’Imperatore o lui stesso. Da quando ci sono questi disordini lunari...”

“La strada è questa, giusto?” L’anziano aveva ormai capito che Freyja non si sarebbe fermata a chiacchierare con lui ma che si sarebbe comunque diretta a destinazione, facendo un tentativo, seppur vano.

“Sì. Percorrete questa strada su tutta la collina e, ad un certo punto, vi ritroverete di fronte le guardie del castello. Se vi faranno passare, beh… buona fortuna!”

“Grazie signore, che la Dea Kaja vi assista!”

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Lei e Roth continuarono a salire il pendio e, ben presto, si scorsero le alte mura del castello. Una struttura gigantesca ed imponente. Dopo qualche attimo passato ad ammirare così tanta bellezza, si avvicinò alle guardie del ponte levatoio. Respirò una quantità inimmaginabile di aria, facendo un grosso respiro, e iniziò a parlare.

“Salve, mi chiamo Freyja e vengo dal Regno di Alfhild.”

“Buonasera.”

“Mi manda il Sacerdote di Alfhild, Kuhgla, e dovrei parlare di una questione importante con l’Imperatore o con qualcuno di… importante, sì.” Era visibilmente agitata e questo la faceva apparire buffa.

“Vi piace proprio la parola ‘importante’, vero?” le sorrise una guardia, ridendo.

“Ehm, perdonatemi. Non sono mai stata qui e sono un po’ emozionata. Potete accogliere la mia richiesta? O magari potete dirmi voi quando può ricevermi...”

“La ragazza vuole esser ricevuta… ma lo sa di chi sta chiedendo? Ah ah ah!”

“Questa pensa di poter venire qui e dettare legge! Ah ah ah!” ridacchiò un’altra guardia.

“Io...Ascoltatemi! Sono amica del Generale Joel di Alfhild. So che frequenta spesso la Città Imperiale e quindi lo conoscete. Riferirò a lui le vostre negligenze!”

Lo sguardo delle guardie si fece più serio e iniziarono a fissare qualcosa dietro la ragazza.

“Salve ragazzi. Ci sono problemi?”

“Joel? E tu che ci fai qui?” chiese stupita Freyja.

“Ogni tanto capito al castello. Se avessi saputo che saresti venuta fin qua, avremmo viaggiato insieme. Beh, non mi fate passare?”

“Generale, passate pure!”

Joel oltrepassò la linea di guardie e si girò a guardare la ragazza.

“Ma Joel, diglielo! Io devo entrare!”

*“Spiacente, piccola Freyja. Purtroppo per ordini interni al momento non si possono ricevere visite. Nei prossimi giorni sarò in Città, domani magari ne parliamo e vediamo di trovare una soluzione, ok?”

Visibilmente delusa accettò le condizioni e girò i tacchi tornandosene, in compagnia di Roth, verso il mercato.

“Caro Roth...che amarezza! Non sono stata capace di impormi come avrei dovuto. Se Kuhgla mi avesse visto, mi avrebbe dato dell’idiota!”

“Uooof- uooof!!”

“Nooo, anche tu no!” esclamò Freyja ridendo.

Dopo aver girovagato per la città, decise di scrivere, come promesso, la lettera al Sacerdote. Così, tirò fuori dalla sacca un piccolo pezzo di carta stropicciato e una piccola piuma. Intinse la punta della piuma nell’inchiostro e scrisse così:

“Caro Kuhgla,
il viaggio è andato bene. Ho visitato e scoperto posti nuovi. Ho conosciuto nuove persone. Purtroppo non tutti sono gentili come nella nostra Baronia e, a proposito di questo, le guardie dell’Imperatore non lo hanno nemmeno avvisato del mio arrivo. Lì ho incontrato Joel e ha detto che domani potremo parlare e magari riuscirà ad organizzare un incontro con qualcuno di importante. Continuo a proteggere tutto quello che ho di prezioso. Mi manca bere un tè caldo con te davanti al camino mentre mi rimproveri! Spero di poterti rivedere presto e di farti avere buone notizie. Tu e Alfred avete novità? Con affetto, Freyja. Ps: da questa mattina non sono sola nel mio viaggio, vedrai, piacerà anche a te!”

In lontananza udì uno degli ultimi mercanti che se ne andava con il carretto. Decise così di correre verso di lui e fermarlo.
“Ehi! Voi!”
L’uomo fermò il carretto e si voltò verso di lei.
“Posso esservi utile?”

“Potreste portare questa lettera al Sacerdote Kuhgla, Castello di Alfhild?”

“Certo. Due monete d’oro.”

“Ecco a voi. Grazie e buon viaggio!”

La giornata era stata molto lunga e questa volta non voleva assolutamente dormire per strada. Era ancora presto per riposarsi ma in cielo era già spuntata la luna viola e doveva cercare un riparo. Ripresero così a camminare cercando un piccolo ostello ma la città era ancora gremita di persone. Improvvisamente qualcuno andò a sbatterle addosso, facendola istintivamente girare il capo.
Si accorse, però, di non avere più con sé la sua sacca.
“Ehi tu!!!” Freyja iniziò a correre a perdifiato, dimenticandosi Roth dietro di sè.

“Al ladro!” continuava a gridare lei.

L’uomo correva velocissimo, fino a quando, magicamente, non iniziò a rotolare a terra; non appena ebbe la forza di rialzarsi, lanciò il suo bottino nelle mani di un ragazzo. Una volta raggiuntolo, si accorse che non era solo, ma in compagnia di una ragazza.

“Grazie! L’avete recuperata! E’ tutto quello che ho!” disse sorrendogli.

“Sei venuta sola alla città imperiale? Devi fare attenzione!” la punzecchiò la ragazza.

“Lo so, ma ho le mie ragioni. Comunque grazie... Ehm… Come ti chiami?” chiese Freyja guardando il ragazzo.

“Il mio nome è Vrynn e il suo è Mistrel. Siamo appena arrivati da Rak-Thul. Il tuo, invece?”

“Il mio nome è Freyja. Vengo da Alfhid.”

Selenya: Le sei Ombre della Luna


Le Sei ombre della Luna - immagine di @armandosodano

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