Gangs of London: un dramma generazionale evocando gomorra e sons of anarchy 1/2

Il 2020 si sta contraddistinguendo per un ritorno folgorante delle serie tv britanniche.

Non che esse siano mai "passate di moda" ma, dopo un periodo scintillante, che potremmo definire d'oro, vi era stato un certo assestamento.

Erano, insomma, lontani gli anni dei clamorosi successi british targati Steven Moffat (Sherlock, Doctor Who), del dirompente fenomeno Black Mirror (quando Netflix non era, per fortuna, ancora parte dell'equazione), dell'intrigante Utopia e di tanti altri successi più o meno conosciuti in tutto il mondo.

Dopo il successo di Bodyguard, in onda nel 2019, la conferma di Criminal UK, vi è stata come una nuova primavera che ha visto sbocciare titoli come I May Destroy You, di Michaela Coel, e Gangs of London.

Ed è proprio su quest'ultima, dopo la recensione di qualche giorno fa su I May Destroy You, che ci soffermeremo quest'oggi.

Nata dalla penna di Gareth Evans, la serie britannica è stata recentemente mandata in onda su Sky Atlantic in Italia.

Per semplificare la potremmo incasellare come un "Gomorra che incontra Sons Of Anarchy e strizza l'occhi a Peaky Blinders".

Della serie tv di Stefano Sollima essa eredita il contesto criminale che avvolge ogni singolo momento.
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Siamo a Londra e non a Secondigliano. La "droga" della famiglia Wallace sono i codici binari delle azioni che fluttuano continuamente generando guadagni enormi che si fondono, e vengono fusi, nell'impero immobiliare che la famiglia ha costruito negli anni, sotto a guida del pater Familias Finn. Un personaggio alla Don Pietro Savastano, vecchio boss, seppur in giacca e cravatta, alle prese con un "ricambio generazionale". Suo figlio Sean (interpretato da Joe Cole, non a caso ex Peaky Blinders) è chiamato ad ereditare un impero smisurato ma non senza problemi, lui che non ispira esattamente la fiducia di tutti i soci del padre. In questo, inutile sottolinearlo, il parallelo con Gennaro "Genny "Savastano è immediato e naturale.

Eppure nell'universo seriale che qui proviamo a domare e dominare vi è un altro personaggio indimenticabile che da subito verrebbe da accostare a Sean. Parliamo di Jackson "Jax" Teller, biondo biker tormentato protagonista di quella perla che fù Sons Of Anarchy.

La serie tv di Kurt Sutter e quella di Evans si incrociano in numerosi punti e probabilmente si assomigliano più di quanto non si sospetti ad una prima visione.

Aldilà dell'analogia fra i singoli personaggi, Sean like Jax, Gemma like Marian, e cosi via, a colpire è l'atmosfera di palpabile ineluttabilità che permea tutta la serie.
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Gangs of London, cosi come Sons of Anarchy 10 anni prima, da la sensazione di essere costantemente sull'orlo di un precipizio. Caparezza diceva che "sull'orlo di un burrone avrò bisogno di una spinta", Gangs of London si lancia continuamente, senza bisogno di spinte altrui.

L'impressione è che qualunque possa essere la prossima mossa di Sean, di Ed, di Marian, di Elliot, non vi sia via d'uscita. Il gioco è troppo sporco, la vita che hanno costruito è troppo pericolosa, la violenza è divenuta troppo di "casa" per poterla fare franca.

Non è un caso se, spesso, Sons of Anarchy venga accostata ai drammi Shakesperiani. Non è un caso se Gangs of London sembri raccoglierne l'eredità a piene mani.

Infine non è pensabile affrontare il fenomeno "Gangs of London" senza sfiorare quello "Peaky Blinders, leggenda urbana e serie tv principe del web se ce ne è una.

Peaky Blinders, come Gangs of London, è ambientata in Inghilterra, sebbene ad un secolo di distanza e con una location che dalla metropoli londinese si sposta nei sobborghi della piccola e fuliginosa Birmingham.

Oltre a condividere uno dei protagonisti, Joe Cole, le 2 serie collimano in una cavalcante rabbia che dal basso porta delle famiglie insulse e inqualificabili ad essere dominanti.

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